Gianfranco Baruchello

(1924 - 2023)
Gianfranco Baruchello

Biografia

Gianfranco Baruchello nasce a Livorno il 24 agosto 1924. Conseguita la laurea in matematica, dalla fine degli anni Cinquanta si dedica alla pittura. Nel 1962 è invitato alle manifestazioni Collage et Object alla Galerie du Cercle a Parigi e a The New Realists alla Sidney Janis Gallery di New York; alle prime mostre personali (Galleria La Tartaruga, Roma 1963; Cordier and Ekstrom Gallery, New York 1964) fa seguire un’attività espositiva assidua anche a livello internazionale: è presente, tra l’altro, alla Biennale di San Marino (1963 e 1967); a Painting to be read, poetry to be seen, al Museum of Contemporary Art di Chicago (1967); al Musée d’art moderne de la Ville di Parigi con Errò, Ö. Fahlström, Liebig (1975) e alla Biennale di Venezia (1976 e 1988), mentre nel 1982 allestisce un’antologica al Museo progressivo d’arte moderna di Livorno e alla Casa del Mantegna a Mantova.

Alla ricerca nell’ambito della pittura-scultura-scrittura si collega in stretta sintonia un’attività multiforme che accanto a libri (Mi viene in mente, 1966; Avventure nell’armadio di plexiglass, 1968; Fragments of a possible Apocalypse, 1978; Agricola Cornelia S.p.A. 1973-81, 1981; Why Duchamp, 1986), a videonastri e film (La verifica incerta, con A. Grifi, 1964-65, omaggio a M. Duchamp anche nell’utilizzazione di frammenti di pellicole destinate al macero come rivisitazione cinematografica del ready-madeCostretto a scomparire, 1968; Norme per gli olocausti, 1969; La dégringolade, 1970, ecc.) promuove azioni e installazioni di diversa natura (Concerto per pacco, con V. Gelmetti, 1967; Finanziaria Artiflex, 1968; Agricola Cornelia S.p.A. 1973-81, 1981; Morte e nascita del pane, 1981; Una casa in fil di ferro, 1982).

Partecipe della contestazione culturale e politica delle avanguardie degli anni Sessanta, dopo una sorta di raggelato espressionismo astratto nell’esperienza informale e una rivisitazione neo-dada nell’assemblaggio di oggetti trovati, perviene, con ascendenza duchampiana, a una sua originale figurazione. Minuscoli disegni dal tratto netto e schematico, campiti con tonalità chiare, e scritte minute tracciano su una superficie monocroma, per lo più bianca, o nello spazio asettico di una scatola, agito da elementi tridimensionali, itinerari labirintici, in un creativo processo di atomizzazione di un infinito visibile e mentale. In un flusso inesauribile di combinazioni, si svolgono microscopici ma complessi racconti dell’assurdo che contengono simbologie collegate a diversi strati culturali, metafore plurime, implicazioni psicoanalitiche e parafrasi pungenti.

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