Rodolfo Aricò
Biografia
Rodolfo Aricò nasce a Milano il 3 giugno 1930.
Tra il 1946 e il 1950 frequenta il Liceo Artistico di Brera. Dopo il liceo si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e inizia a coltivare, oltre all’interesse per l’architettura, anche quello per la pittura. Nel 1957 ha l’occasione di esporre per la prima volta le proprie opere in una mostra personale, alla Galleria Bergamini di Milano e l’anno successivo conosce Carlo Grossetti che, nel 1959, lo invita a tenere una mostra personale alla galleria Salone Annunciata a Milano.
Dopo aver partecipato alla mostra Nuove prospettive della pittura italiana a Palazzo Re Enzo a Bologna nel 1962, espone l’opera Trittico dell’esistenza nell’ambito della XXXII Biennale di Venezia (1964).
Dalla metà degli anni Sessanta Aricò trae ispirazione dal lavoro dell’artista francese Robert Delaunay e lavora alla figura di un archetipo costituito da due dischi, le cui circonferenze si intersecano secondo diverse direttrici ortogonali. Nel 1965 il critico e storico dell’arte Roberto Sanesi, che aveva già curato la mostra personale del 1959 al Salone Annunciata, pubblica il volume Reperti: per uno studio sulla pittura di Rodolfo Aricò e nello stesso anno Aricò viene invitato a partecipare alla IX Quadriennale di Roma. Proprio in occasione della sua partecipazione alla rassegna romana, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna acquisisce l’opera Work in progress Le “simultanee forme” di Delaunay.
Dal 1966 approfondisce la riflessione sugli aspetti oggettuali del fare artistico e nel 1967 espone le proprie opere alla Galleria L’Attico di Roma in una personale corredata da un catalogo con testo di Giulio Carlo Argan. Aricò viene invitato alla XXXIV Biennale di Venezia (1968) e realizza, all’interno di una sala personale, uno spazio ambientale costituito da opere di grandi dimensioni.
Nel 1969 espone al Salone Annunciata di Milano Pondus, un’opera composta da quattro grandi strutture tridimensionali che invadono lo spazio della galleria milanese (l’opera fa ora parte della collezione dei Musei Civici di Cagliari) e tiene la sua prima mostra personale negli Stati Uniti, alla Deson-Zacks Gallery di Chicago.
A partire dall’inizio degli anni Settanta Aricò si concentra sulla reinterpretazione della visione umanistica della storia dell’arte e degli archetipi dell’architettura. Inizia in questo periodo a utilizzare strati sottili di pittura a spruzzo, che sovrappone in diverse stesure fino a creare un risultato di apparente monocromia. Il tema umanistico emerge anche dai titoli dei lavori creati in questi anni – Arco, Quattrocento, Prospettiva per Paolo Uccello.
Nel 1971 ottiene un incarico come insegnante di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino. Dopo aver esposto alcuni suoi lavori nell’ambito della mostra Iononrappresentonullaiodipingo (1973) tenutasi presso la galleria Studio La Città di Verona, inaugura una personale antologica al Centro Internazionale delle Arti e del Costume di Palazzo Grassi a Venezia (1974).
Nel 1975 partecipa a numerose mostre tra cui Peinture italienne d’aujourd’hui (Galerie Espace 5, Montréal; Galerie Templon, Parigi), Empirica: l’arte tra addizione e sottrazione (Rimini; Museo di Castelvecchio, Verona), Trompe l’oeil (Galleria Stendhal, Milano) e Spazio attivo/Struttura (Studio Marconi, Milano; Galleria Rondanini, Roma), organizzata da Guido Ballo. Nel 1977 il Comune di Ferrara invita Aricò a tenere una mostra antologica negli spazi del Padiglione d’arte contemporanea di Parco Massari e nel 1978 gli viene commissionata la realizzazione di una scenografia per il “Teatro dell’Assurdo” di Tardieu al Teatro Pier Lombardo di Milano. Nello stesso anno gli viene assegnata la cattedra di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e l’artista prende parte alla mostra I nodi della rappresentazione presso il Museo d’arte della città di Ravenna, in cui vengono letti i rapporti analogici tra architettura e pittura. In questa occasione Aricò presenta l’opera Scena di Ravenna, che rappresenta una contaminazione tra pittura, scenografia e architettura.
Nel 1980 la Casa del Mantegna di Mantova ospita la mostra Rodolfo Aricò. Mito e architettura dove viene esposta l’opera Scena di Mantova. Aricò continua a focalizzare la propria attenzione sull’indagine delle relazioni tra architettura, pittura e mito. L’anno successivo partecipa a Linee della ricerca artistica in Italia 1960/80 al Palazzo delle Esposizioni a Roma e a 30 anni d’arte italiana 1950/80. La struttura emergente e i linguaggi espropriati a Villa Manzoni a Lecco.
Nel 1982 Aldo Rossi cura la mostra Idea e conoscenza al Palazzo dell’arte alla Triennale di Milano, dove Aricò espone Timpano. Pulvis. Aricò partecipa anche a Costruttività e alla XL Biennale di Venezia, dove espone l’opera Clinamen / Prometeo.
Nel 1986 partecipa alla mostra itinerante – tra Francoforte, Berlino, Hannover, Bregenz e Vienna – 1960/1985. Aspetti dell’arte italiana, curata da Flavio Caroli ed espone l’opera Struttura (1968) alla XLII Biennale di Venezia nella sezione “Il colore”.
Durante gli anni Novanta, Aricò realizza una serie di mostre personali in cui espone opere che riflettono maggiormente sulla relazione con lo spazio, inteso come “dramma” ed elemento della materialità in divenire. In parallelo all’attività artistica intensifica anche quella teorica e Aricò affianca agli scritti inerenti al proprio lavoro racconti visionari e fantastici di natura autobiografica.
Aricò muore a Milano il 22 giugno 2002.