Benedetto Gennari

(1633 - 1715)

Biografia

Nacque a Cento, presso Ferrara, dove fu battezzato il 19 ott. 1633. Figlio di Ercole e di Lucia Barbieri, sorella di Giovan Francesco, detto il Guercino, crebbe nella dimora bolognese dove le famiglie Barbieri e Gennari, lasciata Cento, si erano sistemate fra il 1643 e il 1644. Poté quindi usufruire, giovanissimo, degli insegnamenti e degli incitamenti a un serio impegno professionale dello zio Guercino (Mischiati), al cui maturo classicismo si ispirò, insieme con il fratello minore Cesare. Intorno alla metà degli anni Cinquanta, i giovani Gennari iniziarono una loro attività autonoma – e subito lo Scannelli testimoniava della loro “straordinaria riuscita” – a volte operando anche a due mani, circostanza cui risalgono secolari oscillazioni attributive.

Studi recenti rivelano tuttavia una maggior consapevolezza delle loro distinte personalità: nell’ambito della comune educazione guercinesca, Cesare appare volto ad accogliere, nel suo ancora caldo e vitale naturalismo, i primi accenti barocchi della cultura bolognese, mentre il G. visualizza, con disegno più accademico e atmosfere più fredde, raffinati particolari di oggetti e costumi, rivolgendosi agli ultimi esiti dello zio Bartolomeo, e magari anche a quelli della contemporanea cultura fiorentina. Per ambedue, sebbene in modo diverso, contarono inoltre gli echi del naturalismo lombardo importato a Bologna da P.F. Cittadini, soprattutto per il genere del ritratto, nel quale i due giovani si specializzarono; infine, è stata avanzata l’ipotesi di un loro coinvolgimento, in particolare del G., anche nel genere della natura morta.

 

Ormai affermato e sospinto dalla fama dello zio, nella primavera del 1672 il G. iniziava un suo ventennale soggiorno Oltralpe. Da quel momento un gruppo di Memorie, sue e del nipote Giovanfrancesco Gennari, forniscono un catalogo pressoché completo della produzione dell’artista (Bagni, 1986).

Ad una sosta presso la corte francese, dove dipinse una quindicina di opere fra cui è noto solo il ritratto di Anna Maria Mancini duchessa di Bouillon (Londra, National Portrait Gallery), seguì, dall’autunno del 1674, un lungo servizio presso la corte inglese sia a Londra, sia, dal 1688 al 1692, a Saint-Germain-en-Laye, rifugio della famiglia reale dopo la rivoluzione.

Nella copiosa produzione di quegli anni (più di centosessanta opere, note per circa un quarto), piacevolmente decorativa per la grazia levigata delle immagini e per la vivace e lucida ricchezza dei panneggi, si innesta sul sottofondo emiliano l’influsso del sontuoso classicismo francese e della lusinghiera ritrattistica allora fiorente tra Francia e Inghilterra.

 

Fonti

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